martedì 9 novembre 2010

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È una lunga lettera, anche se emotivamente fragile.
La leggo in una stanza chiusa, proteggendola da sguardi indiscreti. Avverto il sibilo del vento, e una pioggia incessante sotto di un cielo plumbeo. Le tue parole sono solo accessorie all’affettuosa originalità offerta a questa vita che muove la sua penna ad agire, mentre tu, probabilmente, cali negli agi del sonno.

Conosce la realtà, non può falsarla, non frequenta personaggi alla moda, può soltanto farti rivivere nel semplice idioma. Certa di affidare al cuore il messaggio. Nulla d’interessante, ed è probabile che incorra in quelle banalità “mai nulla di speciale si riceve per posta” così, confida nelle ataviche emozioni.

Privata delle illusioni, apprende la vita, ricercando l’anima, inseguendone l’ombra, eliminando per quanto possibile la brutta imitazione di ciò che è stato. Al cuore non si comanda, e quantunque fosse, sceglierebbe ancora quelle libertà. Qui evapora la fantasia, esala, di minuto in minuto, accartocciando l’ultimo pensiero. Minaccerà il destino con una matita ben temperata, questa Donna. Prenderà appunti con la sorte, nonostante viva un ottimismo senza riserve, nonostante gli eventi sfavorevoli, non vanta pretese nell’accordarti un sorriso.

Cercherà quel qualcosa che non risulti arido, tornerà a voltarsi indietro, quasi a voler scorgere la tua presenza nell’angolo più remoto della stanza, intessendo ancora quella conversazione, non una qualunque, bensì, un dialogo che sappia raccontare come le amicizie più profonde, possono difettare divenendo fragili. Risalirà il tempo di quando noi eravamo amici, di come poi ci siamo perduti, nonostante gli sforzi per ratificare il consenso di un tempo, mantenendo in tensione – ristrutturandolo con la conversazione.

Ricorda come seduto accanto, ti ha visto irrigidire, nulla è uscito dalle tue labbra, nemmeno una cortesia. Oggi, ho apprezzato il tuo rimpianto, mi ha fatto sentire meno sola, meno detestabile.
Leggo di quell’esperienza, vivo il tuo disagio.
In che modo posso rendermi utile?
Non ero a conoscenza di queste tue sofferenze?
Ne sono provata. E’ verità.
Difficile parlare di occupazione, di parcelle, onorari, adesso che una smorfia di disagio segna il mio volto.
E’ una difficoltà di grosse dimensioni, non è una cosa piccola, sorprende quello che palesi, non ero preparata a questo genere di disagio, avverto realmente il tuo malessere, non capita spesso di sentirsi assolti dalle inquietudini, ti terrò per mano, tramuterò l’attesa in possibilità. La sera dispenserà energie positive prima di addormentarsi, addossandosi il tuo peso, che irremovibile, declinerà le inutili convocazioni, certa che avrà ancora mani da dispensare per te.


Forse non ti serve nemmeno per sognare questo mio dire
C’è tempo per sovrapporre quella delusione
Senza irritazione e con riservatezza
Con fede attende un pretesto
Che rimuova il mutismo imparato ora

Lo sa bene quest’amica
Ancora forte - solo nella simulazione debole
Tu non avvertirai quel tremolio delle sue mani
Né delle sue labbra
Non abbasserà gli occhi
Certa del loro messaggio

Da qualche tempo agiti i suoi sogni
Le sue attese
Adombrando l’inesprimibile dire
Per ciò che sente in questa fede



Asia

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